Thomas Bernhard (1931–1989)

Ma alla fine il nipote di Wittgenstein non e’ altro che il doppio di Bernhard...

Nietzsche:
DOBBIAMO, DI TANTO IN TANTO, RIPOSARCI DAL PESO DI NOI STESSI, VOLGENDO LO SGUARDO LÀ IN BASSO SU DI NOI, RIDENDO E PIANGENDO SU NOI STESSI DA UNA DISTANZA DI ARTISTI: DOBBIAMO SCOPRIRE L’EROE E ANCHE IL GIULLARE CHE SI CELA NELLA NOSTRA PASSIONE DELLA CONOSCENZA, DOBBIAMO, QUALCHE VOLTA, RALLEGRARCI DELLA NOSTRA FOLLIA PER POTER STARE CONTENTI DELLA NOSTRA SAGGEZZA.


E dato che anche Ludwig atterra su queste righe citiamolo: su ciò di cui non si può parlare si deve tacere. Ed e’ cosi’ che Nietzsche tacque per undici anni (altroche’ pazzo…)

Alcuni brani:
E’ cosi’ che la mente di Paul e’ esplosa, per il semplice fatto che lui non e’ piu’ riuscito, via via, a gettare fuori dalla finestra (della sua mente) le ricchezze del suo spirito. Per lo stesso motivo e’ esplosa altresi’ la mente di Nietzsche. E cosi’ sono esplose in fin dei conti tutte le menti di quei pazzi di filosofi che col passare del tempo non ce l’hanno piu’ fatta a gettare via le ricchezze del loro spirito. (34)

… poiche’, e’ inutile che ce lo nascondiamo, le menti che perlopiu’ ci sono accessibili non hanno per noi il benche’ minimo interesse, da esse non riceviamo di piu’ che dalla compagnia di patate ipertrofiche piantate su poveri corpi macilenti che trascinano nei loro abiti di cattivo o pessimo gusto un’esistenza miserabile… (39-40)

Di fatto tutto io amo fuorche’ la natura… (72)

Un’altra ossessione, anch’essa classificabile come morbosa, Paul e io avevamo in comune: la cosiddetta malattia del contare… Per intere settimane, per mesi interi, ad esempio, ogni volta che viaggio in tram per la citta’, non posso fare a meno, guardando fuori dal finestrino, di contare gli spazi tra le finestre delle case, o le finestre stesse, o le porte, o gli spazi tra le porte… (117)

Per individui come noi niente poteva essere lasciato al caso o alla disattenzione, ogni cosa doveva essere ponderata in tutti i particolari con geometrica, simmetrica e matematica ingegnosita’. (118)
… (mer)

I have no idea how to rate this book. I suspect that after some time mulling it over, I will end up changing it but for now I have selected the middle position of 3*.

This stream of consciousness novel was fairly easy for me to read (unlike Ulysses!). However I found that I just couldn't make up my mind about the main character, the one whose thoughts I was reading. At times he seemed insightful but a few sentences later he would seem repugnantly self-centered. Then he would take the wind out of the sails of my dislike by admitting his flaws!… (mer)

„...sagte er, dachte ich“ liest man hunderte Male in diesem Buch. Dabei ist „Er“ der Untergeher, ein alter Freund des erzählenden "Ich". Wie man nach einiger Zeit feststellt, hat sich dieser Freund vor kurzem das Leben genommen. Beide, der Untergeher und der Erzähler waren einst Kommilitonen am Mozarteum in Salzburg, wo sie gemeinsam mit Glenn Gould, dem genialen Pianisten (oder, wie es bei Bernhard heißt: "Klavierspieler") bei Horowitz studierten. Historisch ist da vieles falsch - es geht um die Idee des genialen Kommilitonen, an dessen Leistungen und Fähigkeiten man niemals herankommen kann.
Gemessen am schwermütigen Inhalt ist der Text erstaunlich gefällig zu lesen, zumindest wenn man sich einmal an das immer wiederkehrende „sagte er, dachte ich“ und die Einbettung von Gesprächsfetzen in den Gedankengang des Erzählers gewöhnt hat. Ein extremes Lesebeispiel ist: „Aber die Leute haben nicht verstanden, was ich meinte, wie immer, wenn ich etwas sage, verstehen sie nicht, denn was ich sage, heißt ja nicht, dass ich das, was ich gesagt habe, gesagt habe, sagte er, dachte ich“ (S. 65).
Trotz aller negativen Gedanken, trotz des Schlechtredens, des Niedermachens, des immerzu halbleeren Glases mochte ich dieses Buch. Am Ende ist es so etwas wie eine Verneigung vor dem wirklich schweren und unsicheren Leben der einfachen Leute: hier in den Personen der alleinstehenden Wirtin und des alten, vor der Entlassung stehenden Hausmeisters. Deren Schicksal erfährt man erst im letzten Drittel, nach seitenlangem Lamentieren über Unzulänglichkeit der eigenen Kunst im ansonsten sorglosen Leben der Klavierspieler. Man fragt sich, warum ein Mensch, der einen Steinway-Flügel großmütig verschenken kann, dessen Talent und Bildung es erlauben, sein Leben ganz der Kunst zu widmen, so unbeschreiblich unglücklich sein kann. Eine Antwort erhält man als über den Untergeher gesagt wird: „Er wollte Künstler sein, Lebenskünstler genügte ihm nicht, obwohl doch gerade dieser Begriff alles ist, das uns glücklich macht, wenn wir hellsichtig sind, dachte ich“ (S. 97).… (mer)

Opera del 1970, una delle più influenti di Bernhard su altri scrittori (per esempio, mi pare di capire, su Vitaliano Trevisan). Un racconto che parte ingannevolmente come un "giallo", con un delitto subito attribuito e dunque risolto, che lascia piuttosto spazio a una indagine su una storia di solitudine e follia, in cui ogni dettaglio, luogo, oggetto o avvenimento, diventa spunto di un malessere che cresce, con al centro la disgregazione della coppia, la malattia e la scrittura, con riflessioni di marca filosofica sul processo di ideazione e messa nero su bianco del pensiero. Fra le cose migliori (insieme a Perturbamento) che ho letto fino a ora dell'ampia produzione di Bernhard.

«Le parole rovinano il pensiero, la carta lo rende ridicolo, e mentre ci si accontenterebbe di mettere sulla carta anche qualcosa di rovinato e di ridicolo, la memoria si lascia scappare persino questo qualcosa di rovinato e di ridicolo. La carta trasforma una cosa straordinaria in una cosa priva d’importanza, in una ridicolaggine».… (mer)