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Giorgia Meloni

Författare till Io sono Giorgia. Le mie radici le mie idee

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L'insostenibile leggerezza di essere Giorgia. Mai come in questo caso, la “chiosa” di un titolo famoso mi è utile per parlare di questo libro che ho appena finito di leggere. Per varie ragioni, temo sia diventato, se non ancora “famoso”, almeno tanto discusso per contrastanti motivi.

Lo faccio, nascondendomi dietro Dante, quando scrive: “E serbolo a chiosar con altro testo”, come correttamente riferisce la Treccani, spiegandone il significato. Vengono coinvolti tutti e cinque i canonici interrogativi riguardanti la scrittura di questo libro: chi-cosa-quando-dove-perchè.

Le risposte il lettore le trova nell’indice. Una veloce introduzione, l’identità di chi scrive, da dove proviene e dove vive, perchè scrive, il tutto in 328 pagine, per una edizione che è al momento in vetta alle classifiche di vendita e continua ad essere oggetto di discussa cronaca.

Giorgia Meloni, classe 1977, romana della Garbatella, un quartiere popolare di Roma, fa politica dall’età di 15 anni e non ha bisogno di presentazioni per parlarci delle sue radici e delle sue idee.
Questa che scrivo non è soltanto la recensione del libro, anche se apparirà come tale su Goodreads e Librarything, gli spazi virtuali nei quali parlo dei miei libri e della mie letture. Una ghiotta occasione di lettura, come figlio di un tipografo post-gutemberghiano, nato e cresciuto in una piccola tipografia di famiglia provincia meridionale, nel secolo e nel millennio trascorsi, diventato poi dinosauro bibliomane digitale.

Con gli anni e l’esperienza che mi ritrovo posso permettermi di parlare anche dei contenuti del libro di questa giovane politica di nome “Giorgia”, senza inganni o interessi personali, pregiudizi politici o prevenzioni culturali.

Il libro che la Meloni ha scritto e che Rizzoli (Mondadori) pubblicato, parla da sè. L’ho letto in versione cartacea. Per la realizzazione il libro porta la firma di uno studio editoriale milanese, per tutto il resto appare soltanto il nome dell’Autrice. Quindi l’ha scritto solo lei. Nessun aiuto, co-autore o “ghost-writer”, solo ed esclusivamente Giorgia: “Io sono Giorgia e questa è la mia storia, fin qui”.
Questa è la frase con la quale, alla fine della breve introduzione, inizia il suo racconto.

Il libro si conclude con “… io sono un soldato”, il “canto finale” rivolto a sua figlia Ginevra, con queste parole: “Continua a ridere come hai fatto stamattina, topolino mio, e per tutto il resto troveremo un rimedio”.

Devo dire innanzitutto che, da un punto di vista editoriale, il libro è perfetto. Sei capitoli costruiti su parole chiave come Giorgia, donna, madre, destra, cristiana, italiana. I primi tre capitoli vanno dalla sua condizione di “piccola donna”, al battesimo di fuoco della politica, dal pensiero sul sesso forte in pieno mare aperto fino al momento quando nasce una madre e si confronta con le cose della vita che contano.

Il secondo gruppo di capitoli ha una cadenza diversa e molto pregnante da un punto di vista sia culturale che politico. Un inizio che poteva essere una fine ma che, invece, segnala una svolta per il futuro, guidata dalla forza di un credo personale e sociale, diretto anche contro il razzismo del progresso. Il capitolo conclusivo si lega alla quotidianità che ancora oggi continua a scorrere sotto i nostri occhi e non sappiamo come si trasformerà in storia.

Nel titolo di questo post ho fatto uso del termine “leggerezza” riferendomi al modo in cui Giorgia ha affrontato i suoi temi. Milan Kundera coniò quella frase, dando vita al titolo suo famoso romanzo “L’insotenibile leggerezza dell’essere”, quanto mai enigmatico, una frase “che si imprime nella memoria come una frase musicale”.

Così ebbe modo di scrivere Roberto Calasso nella presentazione di quel libro. Aggiungeva che “questo romanzo obbedisce fedelmente al precetto di Hermann Broch: “Scoprire ciò che solo un romanzo permette di scoprire”.

La “insostenibile leggerezza” di quel romanzo si trasforma in una altrettanto “leggerezza”, intesa in maniera positiva e convincente con la quale Giorgia Meloni parla di sè e scrive le sue memorie.
Il suo libro non è affatto un romanzo e, a mio modesto parere, nemmeno un’autobiografia. Non è “romanzo” perchè leggendo il libro ho avuto modo di rivivere gran parte degli eventi che lei descrive nella mia personale memoria di semplice cittadino, non politicizzato, nè tanto meno iscritto ai partiti o alle idee di Giorgia.

Non è neanche una “autobiografia” perchè il suo tempo, il tempo di Giorgia, è ancora “in progress”, tutto rivolto verso un futuro che deve ancora avvenire. Ciò detto, mi pare che nel libro si possa dire ci sia abbastanza materiale per far nascere contrastanti e forti emozioni, sensazioni e reazioni specialmente se diciamo che l’autrice del libro, nonostante il suo essere “piccola donna”, dimostra grande carattere e chiare intenzioni, scritte nero su bianco.

Evita di fatto, volutamente, quella liquidità social quotidiana nella quale navigano tanti politici del terzo millennio. Giorgia Meloni sa quello che pensa e lo scrive in maniera diretta, scorrevole e senza infingimenti, richiamandosi a modelli, schemi e riferimenti di grande livello sia culturale che sociale e politico.

Numerose e mirate le sue letture, un percorso culturale che nasce dal mito e dalla fantasia di autori quali J. R. R. Tolkien, si concretizza nel pragmatismo filosofico conservatore di Roger Scruton, non senza aver prima studiato, letto e richiamato Giuseppe Mazzini accusato di “fascismo” per il suo “Dio, Patria e Famiglia”.

Ma la Meloni sta con i piedi radicati fermamente per terra, legata come dimostra di essere tanto all’antica cultura classica, quanto a quella moderna, espressa nelle sue varie citazioni che corredano il libro, sia in forma poetica che musicale.

Ogni suo capitolo porta una un richiamo, sia in italiano che in inglese. Da Ed Sheeran a Luciano Ligabue, dai Beatles a Mia Martini, da De Gregori a Jovanotti, da Zero a Maroon 5, da Lucio Battisti alla Compagna dell’Anello.

Indimenticabili i versi di Franco Battiato “Povera Patria, schiacciata dagli abusi del potere, di gente infame, che non sa cos’è i pudore, si credono potenti e gli va bene quello che fanno e tutto gli appartiene”. Introducono un capitolo fondamentale in cui Giorgia decide di “aggredire il declino” dopo di aver verificato che “Non andò tutto bene”.

“Come nel Medioevo faceva chi combatteva in prima fila sapendo che poteva essere il primo acadere, colpito da un dardo, o come faceva chi durante la Grande Guerra avanzava pregando Dio che il cannone lo schivasse. Oggi dardi e cannoni non si usano più, i metodi per colpirti sono molto più subdoli e sofisticati. Ho messo in conto anche questo, ma non diserterò. E’ la guerra dei nostri tempi, e io sono un soldato”.

Volete che una piccola donna, così “tosta”, venga accolta ed accettata senza riserve, con “leggerezza”, senza invidia, gelosie, ignoranza ed incomprensioni. Sopratutto una popolana, una “elfo” della “Terra di Mezzo”, capitata per caso nella “serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello”?

Cara Giorgia, tra i tanti scrittori, poeti e artisti che citi nel tuo libro, nel capitolo in cui ti occupi del “Razzismo del progresso”, sul tema dell’accoglienza, per risolvere il problema della sofferenza, affermi di detestare fortemente l’idea che la politica possa essere scissa dalla morale e scrivi: “Il pensiero dello storico fiorentino, semplificato con il celebre “il fine giustifica i mezzi”, dovrebbe essere guardato con un certo sospetto.”

E poi aggiungi: “Io credo che non fosse questo il vero insegnamento di Machiavelli, quanto piuttosto quello, molto meno cinico, secondo cui il compito della politica è agire sempre per il bene del tutto, anche quando le scelte possono sembrare dolorose”.

Auguri Giorgia!
… (mer)
 
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AntonioGallo | Jul 23, 2021 |
Sono appassionato di biografie politiche. Per questo motivo ho voluto cimentarmi anche nella lettura di "Io sono Giorgia". Una lettura che mi sento di consigliare a tutti, indipendentemente dalle convinzioni politiche. Emerge il profilo di una persona che, a differenza degli improvvisati pentastellati, fa politica da una vita e ha imparato a gestire la cosa pubblica. Un po' come nella prima Repubblica, si poteva non apprezzare politicamente gente come Almirante, Zanone, Saragat o Andreotti, però esisteva un indubbio spessore. Andreotti un giorno rispose a un suo detrattore con una lettera in latino. Oggi abbiamo Di Maio, Casalino e la Taverna. Detto questo le parti più interessanti del libro sono proprio quelle di vita vissuta: le difficoltà familiari vissute in gioventù, il rapporto con un padre assente, le ristrettezze economiche, i primi passi nei movimenti giovanili. Di sicuro la Meloni è una che argomenta bene le proprie idee: io resto delle mie, naturalmente, ma questo libro è una grande furbata, costruito benissimo anche editorialmente e quindi a tutti gli effetti un riuscito tassello della campagna elettorale. Anzi proprio le parti che a me risultano irritanti, per esempio la letterina finale da madre modello alla figlia, oppure i passaggi in cui si rivendica l'italianità quasi come fosse un dono divino, sono quelle che maggiormente faranno presa a livello popolare. Sempre ammesso che il popolo lo legga.
In definitiva ne esco con la convinzione: meglio Giorgia che Giggino Er Bibitaro. Almeno lei è una politica. Anche se non è la Thatcher.
… (mer)
 
Flaggad
glisquarcini | 1 annan recension | Jul 11, 2021 |
"La insostenibile leggerezza di Giorgia". - Mai come in questo caso, la “chiosa” di un titolo famoso mi è utile per parlare di questo libro che ho appena finito di leggere. Per varie ragioni, temo sia diventato, se non ancora “famoso”, almeno tanto discusso per contrastanti motivi. Lo faccio, nascondendomi dietro Dante, quando scrive: “E serbolo a chiosar con altro testo”, come correttamente riferisce la Treccani, spiegandone il significato. Vengono coinvolti tutti e cinque i canonici interrogativi riguardanti la scrittura di questo libro: chi-cosa-quando-dove-perchè.

Le risposte il lettore le trova nell’indice. Una veloce introduzione, l’identità di chi scrive, da dove proviene e dove vive, perchè scrive, il tutto in 328 pagine, per una edizione che è al momento in vetta alle classifiche di vendita e continua ad essere oggetto di discussa cronaca.

Giorgia Meloni, classe 1977, romana della Garbatella, un quartiere popolare di Roma, fa politica dall’età di 15 anni e non ha bisogno di presentazioni per parlarci delle sue radici e delle sue idee. Questa che scrivo non è soltanto la recensione del libro, anche se apparirà come tale su Goodreads e Librarything, gli spazi virtuali nei quali parlo dei miei libri e della mie letture. Una ghiotta occasione di lettura, come figlio di un tipografo post-gutemberghiano, nato e cresciuto in una piccola tipografia di famiglia provincia meridionale, nel secolo e nel millennio trascorsi, diventato poi dinosauro bibliomane digitale.

Con gli anni e l’esperienza che mi ritrovo posso permettermi di parlare anche dei contenuti del libro di questa giovane politica di nome “Giorgia”, senza inganni o interessi personali, pregiudizi politici o prevenzioni culturali.
Il libro che la Meloni ha scritto e che Rizzoli (Mondadori) pubblicato, parla da sè. L’ho letto in versione cartacea. Per la realizzazione il libro porta la firma di uno studio editoriale milanese, per tutto il resto appare soltanto il nome dell’Autrice. Quindi l’ha scritto solo lei. Nessun aiuto, co-autore o “ghost-writer”, solo ed esclusivamente Giorgia: “Io sono Giorgia e questa è la mia storia, fin qui”.

Questa è la frase con la quale, alla fine della breve introduzione, inizia il suo racconto. Il libro si conclude con “… io sono un soldato”, il “canto finale” rivolto a sua figlia Ginevra, con queste parole: “Continua a ridere come hai fatto stamattina, topolino mio, e per tutto il resto troveremo un rimedio”.

Devo dire innanzitutto che, da un punto di vista editoriale, il libro è perfetto. Sei capitoli costruiti su parole chiave come Giorgia, donna, madre, destra, cristiana, italiana. I primi tre capitoli vanno dalla sua condizione di “piccola donna”, al battesimo di fuoco della politica, dal pensiero sul sesso forte in pieno mare aperto fino al momento quando nasce una madre e si confronta con le cose della vita che contano.

Il secondo gruppo di capitoli ha una cadenza diversa e molto pregnante da un punto di vista sia culturale che politico. Un inizio che poteva essere una fine ma che, invece, segnala una svolta per il futuro, guidata dalla forza di un credo personale e sociale, diretto anche contro il razzismo del progresso. Il capitolo conclusivo si lega alla quotidianità che ancora oggi continua a scorrere sotto i nostri occhi e non sappiamo come si trasformerà in storia.
Nel titolo di questo post ho fatto uso del termine “leggerezza” riferendomi al modo in cui Giorgia ha affrontato i suoi temi. Milan Kundera coniò quella frase, dando vita al titolo suo famoso romanzo “L’insostenibile leggerezza dell’essere”, quanto mai enigmatico, una frase “che si imprime nella memoria come una frase musicale”.

Così ebbe modo di scrivere Roberto Calasso nella presentazione di quel libro. Aggiungeva che “questo romanzo obbedisce fedelmente al precetto di Hermann Broch: “Scoprire ciò che solo un romanzo permette di scoprire”. La “insostenibile leggerezza” di quel romanzo si trasforma in una altrettanto “leggerezza”, intesa in maniera positiva e convincente con la quale Giorgia Meloni parla di sè e scrive le sue memorie.

Il suo libro non è affatto un romanzo e, a mio modesto parere, nemmeno un’autobiografia. Non è “romanzo” perchè leggendo il libro ho avuto modo di rivivere gran parte degli eventi che lei descrive nella mia personale memoria di semplice cittadino, non politicizzato, nè tanto meno iscritto ai partiti o alle idee di Giorgia. Non è neanche una “autobiografia” perchè il suo tempo, il tempo di Giorgia, è ancora “in progress”, tutto rivolto verso un futuro che deve ancora avvenire.

Ciò detto, mi pare che nel libro si possa dire ci sia abbastanza materiale per far nascere contrastanti e forti emozioni, sensazioni e reazioni specialmente se diciamo che l’autrice del libro, nonostante il suo essere “piccola donna”, dimostra grande carattere e chiare intenzioni, scritte nero su bianco. Evita di fatto, volutamente, quella liquidità social quotidiana nella quale navigano tanti politici del terzo millennio. Giorgia Meloni sa quello che pensa e lo scrive in maniera diretta, scorrevole e senza infingimenti, richiamandosi a modelli, schemi e riferimenti di grande livello sia culturale che sociale e politico.

Numerose e mirate le sue letture, un percorso culturale che nasce dal mito e dalla fantasia di autori quali J. R. R. Tolkien, si concretizza nel pragmatismo filosofico conservatore di Roger Scruton, non senza aver prima studiato, letto e richiamato Giuseppe Mazzini accusato di “fascismo” per il suo “Dio, Patria e Famiglia”. Ma la Meloni sta con i piedi radicati fermamente per terra, legata come dimostra di essere tanto all’antica cultura classica, quanto a quella moderna, espressa nelle sue varie citazioni che corredano il libro, sia in forma poetica che musicale.

Ogni suo capitolo porta un richiamo, sia in italiano che in inglese. Da Ed Sheeran a Luciano Ligabue, dai Beatles a Mia Martini, da De Gregori a Jovanotti, da Zero a Maroon 5, da Lucio Battisti alla Compagna dell’Anello.
Indimenticabili i versi di Franco Battiato “Povera Patria, schiacciata dagli abusi del potere, di gente infame, che non sa cos’è i pudore, si credono potenti e gli va bene quello che fanno e tutto gli appartiene”. Introducono un capitolo fondamentale in cui Giorgia decide di “aggredire il declino” dopo di aver verificato che “Non andò tutto bene”.

“Come nel Medioevo faceva chi combatteva in prima fila sapendo che poteva essere il primo acadere, colpito da un dardo, o come faceva chi durante la Grande Guerra avanzava pregando Dio che il cannone lo schivasse. Oggi dardi e cannoni non si usano più, i metodi per colpirti sono molto più subdoli e sofisticati. Ho messo in conto anche questo, ma non diserterò. E’ la guerra dei nostri tempi, e io sono un soldato”.

Volete che una piccola donna, così “tosta”, venga accolta ed accettata senza riserve, con “leggerezza”, senza invidia, gelosie, ignoranza ed incomprensioni. Sopratutto una popolana, una “elfo” della “Terra di Mezzo”, capitata per caso nella “serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello”?

Cara Giorgia, tra i tanti scrittori, poeti e artisti che citi nel tuo libro, nel capitolo in cui ti occupi del “Razzismo del progresso”, sul tema dell’accoglienza, per risolvere il problema della sofferenza, affermi di detestare fortemente l’idea che la politica possa essere scissa dalla morale e scrivi: “Il pensiero dello storico fiorentino, semplificato con il celebre “il fine giustifica i mezzi”, dovrebbe essere guardato con un certo sospetto.”

E poi aggiungi: “Io credo che non fosse questo il vero insegnamento di Machiavelli, quanto piuttosto quello, molto meno cinico, secondo cui il compito della politica è agire sempre per il bene del tutto, anche quando le scelte possono sembrare dolorose”.

Auguri Giorgia!
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AntonioGallo | 1 annan recension | Jun 5, 2021 |

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