Il sistema di votazione di Anobii funziona solo per gli estremi. D'ora in poi ci metto anche i voti, da 1 a 10. Questo libro di esordio di Elisabetta Bucciarelli non è ovviamente perfetto, e in paragone al suo ultimo (Io ti perdono) le quattro stellette sono troppe. Ma tre son poche. Perchè nelle pagine ci sono già tutti gli elementi dello stile inconfondibile di questa autrice, uno stile che definirei "telecamera in spalla", che piazza il lettore proprio sul luogo dell'azione. E c'è qui, in maniera fulminante, la capacità di rendere un ambiente. Lo dice il titolo, siamo nella Milano degli happy hours, tra bar, gallerie d'arte, linguaggi che determinano un'appartenenza. C'è un vuoto esistenziale che spaventa, riempito da cocaina, alcool, soldi e sesso senza significato.
Chi lo legge non pensi di sedersi in poltrona e rilassarsi, perché la scrittura è impetuosa, tagliata, a volte fatta di colpi di flash che sembrano rasoiate. E perché occorre massima attenzione, ti capitano cose tutte intorno e Doris Vergani, l'ispettrice che indaga, non è un personaggio con il quale sognare, ma che ti costringe a fare i conti con un reale difficile, anche il tuo interiore.